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      E udendo una volta che un certo re di Spagna diceva non convenire a generosi principi l'essere litterati, rispose quella essere parola di un bue, e non di un re. Onde meritamente Giovanni da Isara, uomo di acutissimo giudizio, dir solea che se Alfonso non fusse stato re, per ogni modo saria stato ottimo filosofo. In ogni sua spedizione e viaggio sempre con sé portava Tito Livio e li Commentari di Iulio Cesare, li quali mai appena lasciò di che non li leggesse, e spesso di se medesimo diceva che lui a se medesimo parea ne le cose militari e nel maneggiar de le guerre a rispetto di Cesare essere inertissimo e rozzo. E in tanto amò il nome di Cesare, che le medaglie e le monete antiche, ove la sua effigie era scolpita, per tutta Italia faceva ricercare, e quelle come cosa sacra e religiosa in una ornata cassetta tenea, dicendo che solamente a mirarle a lui parea che a l'amor de la virtú e de la gloria si infiammasse. Ebbe ne la sua corte uomini d'ogni facultá litteratissimi, iurisconsulti, filosofi, teologi, li quali tutti di salari, di doni, di beneficii e di favore augumentava: tra i quali alcuni, in oratoria e studi di umanitá dottissimi, ebbe in famigliare conversazione e domestica, come Bartolomeo Facio, che ebbe stilo piano e soave nel scrivere e compose alcuna istoria laudata da molti che l'hanno veduta; Giorgio Trebisonda, che in traduzioni di greco in latino si esercitava; Lorenzo Valla romano, che scrisse il libro De la eleganza latina; Giovanni Aurispa siciliano, che molte epistole e opuscoli morali el


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Compendio de le istorie del Regno di Napoli
di Pandolfo Collenuccio
pagine 444

   





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