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      Apportandogli tedio sottoscrivere del suo nome gli atti d'impero, li faceva in sua presenza segnare con sigillo e stampa che gelosamente custodiva. Impaziente alle funzioni della mente, fastidiva i consigli di Stato: raro li chiamava, presto li discioglieva: vietando i calamai per ischivare la tardità dello scrivere. Nelle quali particolarità essendo le cagioni di molti fatti, ho voluto trattenermi ne' prinćpi del libro, accị i racconti non tornino incredibili o maravigliosi.
      VI. Nell'anno 1763, per iscarso ricolto di biade, i reggitori si affrettarono a provvedere l'annona pubblica, i cittadini la privata: ma volse in danno il rimedio, peṛ che il molto grano messo in serbo, soccorrendo i bisogni avvenire, trasandando i presenti, fece la penuria nel cominciar dell'anno 1764 certa ed universale. Le inquietudini e i lamenti del popolo, i falli del Governo, l'avidità dei commercianti, e i guadagni che vanno congiunti ad ogni pubblica sventura, produssero danni maggiori e pericoli: si vedevano poveri morir di stento: si udivano vuotati magazzini o forni: poi furti, delitti, rapine innumerevoli. La Reggenza, prefiggendo alle biade piccolo prezzo in ogni terra o città, deserṭ i mercati: dicendo non vera la penuria ma prodotta da monopolisti, conciṭ turbolenze: e disegnando a nome certi usurai, furono uccisi. Spedi nelle province commissari regi e squadre di armigeri a scoprire i depositi di frumento, metterlo a vendita ne' mercati, e punire (diceva l'editto) "gli usurai nemici de' poveri". Capo de' commissari con suprema potestà era il marchese Pallanti, che, a mostra di rigorosa giustizia, faceva alzare le forche ne' paesi dove poco appresso ei giugneva con seguito numeroso ed infame di birri e carnefice.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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