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      Ritornata la ragione, fu primo sentimento de' campati certa gioia di parziale ventura, ma gioia fugace perché subito la oppresse il pensiero della famiglia perduta, della casa distrutta, e fra tante specie presenti di morire, e il timore di giorno estremo e vicino, più gli straziava il sospetto che i parenti stessero ancora vivi sotto le rovine, sì che, vista l'impossibilità di soccorrerli, dovevano sperare (consolazione misera e tremenda) che fossero estinti. Quanti si vedevano padri e mariti aggirarsi fra i rottami che coprivano le care persone, non bastare a muovere quelle moli, cercare invano aiuto ai passeggieri; e alfine disperati gemere di e notte sopra quei sassi. Nel quale abbandono de' mortali rifuggendo alla fede, votarono sacre offerte alla divinità, e vita futura di contrizione e di penitenza; fu santificato nella settimana il mercoledì, e nell'anno il 5 di febbraio; ne' quali giorni, per volontari martori e per solenni feste di chiesa speravano placare l'ira di Dio.
      Ma la più trista fortuna (maggiore di ogni stile, d'ogni intelletto) fu dì coloro che, viventi sotto alle rovine, aspettavano con affannosa e dubbia speranza di essere soccorsi; ed incusavano la tardità, e poi l'avarizia e l'ingratitudine dei più cari nella' vita e degli amici; e quando, oppressi dal digiuno e dal dolore, perduto il senno e la memoria, mancavano, gli ultimi sentimenti che cedessero erano sdegno a' parenti, odio al genere umano. Molti furono dissotterrati per lo amore dei congiunti, ed alcuni altri dal tremoto stesso, che, sconvolgendo le prime rovine, li rendeva alla luce. Quando tutti i cadaveri si scopersero fu visto che la quarta parte di que' miseri sarebbe rimasta in vita se gli aiuti non tardavano; e che gli uomini morivano in attitudine di sgomberarsi d'attorno i rottami; ma le donne, con le mani sul viso o disperatamente alle chiome; anche fu veduto le madri, non curanti di sé, coprire i figliuoli fecendo sopr'essi arco del proprio corpo, o tenere le braccia distese verso que' loro amori, benché, impedite dalle rovine, non giungessero.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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