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      Io fuggirei quel che più amo, patria e parenti; voi vergognereste di ciò che più vi onora, il casato. Calmate il dolor vostro, calmate il dolore alla madre, confortatevi entrambo del pensiero che io moro innocente e per virtù. Sostenghiamo i presenti martori fuggitivi; e verrà tempo che il mio nome avrà fama durevole nelle istorie, e voi trarrete vanto che io, nato di voi, fui morto per la patria. - L'alto ingegno, il dir sublime, e valor che trascende in giovine acceso di gloria, tolsero lena e voce al vecchio padre, che, quasi vergognoso della maggior virtù del giovinetto, ammirando e piangendo, coperta colle mani la fronte, ratto uscì dalla orrenda magione.
      Al dì vegnente andarono i tre giovani al supplizio, senza pianti, o que' discorsi che paiono intrepidezza e sono distrazioni e conforto alle infelicità del presente: serenità che mancava (debita sorte della tirannide) a' tiranni; sì che di loro altri diceva, altri credevano che cinquanta migliaia di giacobini, adunati nella città, si leverebbero per sottrarre i compagni, ed uccidere del Governo i capi e i seguaci. Alzato perciò il palco nella piazza detta del Castello, sotto i cannoni del forte, circondato il luogo di guardie, muniti di artiglierie gli sbocchi delle strade, ed avvicinate alla città numerose milizie, bandirono che ad ogni moto di popolo i cannoni tirerebbero strage. Uffiziali di polizia travestiti, sgherri in abito, e spie a sciami si confusero nella folla. E fra tanti provvedimenti di sicurtà stavano i principi nel palagio di Caserta, più timidi ed ansanti de' tre giovanetti, che rassegnati morivano. Quelle mostre di timore produssero timor vero a' cittadini; e sarebbe rimasta vôta la piazza, se le atrocità non fossero come feste alla plebe; perciò fu piena.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





Governo Castello Caserta