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      La Corte in quel mezzo ed i ministri vivevano incerti ed angosciosi; vacillava sul capo del re corona potente e felice; agitavano la regina pericoli e rimorsi; il generale Mack ondeggiava tra speranze di nuove imprese, e le rovine della sua fortuna; Acton, Castelcicala tremavano quanto si conviene ad animo vigliacco ed a vita colpevole; i consiglieri della guerra, gl'inquisitori di Stato, i satelliti della tirannide si abbandonavano a disperati consigli. Così provveder divino infestava quelle anime perverse, che, ricordevoli delle male opere, ne vedevano certa e vicina la vendetta. Fuggire era il desiderio comune, ma secreto, perché estremo e codardo; l'oste francese non avanzava, impedita da una fortezza, da un fiume e da truppe armate di popolo; i tumulti della città stavano per il re, e si udivano voci e voti di fedeltà verso il trono e la Chiesa; nessuna provincia o città ubbidiva i Francesi, che a tanta poca terra comandavano quanta ne copriva piccolo esercito; e per le impreviste avversità avevano i Borboni e Borboniani stanze sicure ne' Principati, nella Puglia, nelle Calabrie. Nessuno argomento a fuggire, ma fugava i malvagi la coscienza.
      Altre genti paventavano: i notati giacobini nei libri della polizia, gli uffiziali dell'esercito creduti traditori e i possidenti di qualunque ricchezza, principale mira della commossa plebaglia. I giacobini, esperti a radunarsi, intendevano per secrete congreghe alla propria salvezza, e ad agevolare, ov'ei potessero, le fortune de' Francesi e i precipizi del monarca di Napoli. Quelle furono veramente le prime congiure, colpevoli quando miri al disegno di rovinare il Governo; necessarie, quando pensi che solamente tra quelle rovine vedevano vita e libertà; nascosti nel giorno, profughi dalle case nella notte, menavano vita incerta e miserabile.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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