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      Per distorre intanto i popolani dalle domestiche rapine, bandì libera la pescagione e la caccia nelle acque e ne' boschi regi. E scelse ambasciatori per esporre al generale Championnet le mutate forme di reggimento, e la comune utilità nel comporre pace che fosse gloriosa e giovevole alla Francia, ma non misera né abbietta per il popolo napoletano, pur meritevole di alcuna stima, ora che riscatta con le armi e col danno proprio i falli del Governo e dell'esercito.
      Per tante provvidenze di quiete, la foga popolare allentò, molte armi tornarono al Castelnuovo, grande numero de' perturbatori andò nei regi Lagni o boschi, il tumulto e 'l romore scemarono. Ma gli antichi settari di libertà, e i nuovi surti allora dalle vicine speranze, praticavano secretamente co' Francesi; ed offerendo potenti aiuti nella guerra, della quale i successi darebbero larga mercede di ricchezza e di onore alla repubblica, pregavano si negassero alle profferte lusinghiere di pace: ingrandivano di sé medesimi la potenza ed il numero; spregiavano i contrari; accertavano che le province cheterebbero ad un punto quando sentissero presa la capitale, e 'l popolo vendicato in vera libertà. Così stando le cose, giunsero nel pieno della notte i legati della città (ventiquattro popolani caldissimi) tra quali era il Canosa, nato principe, aristocratico per dottrina, plebeo per genio: tutti guidati dal generale del popolo, Moliterno, confidenti nelle proprie forze, inesperti de' travagli della guerra e della incostanza delle moltitudini. Parlavano al generale Championne confusamente, a modo volgare; chi dicendo l'esercito napoletano vinto perché tradito, ma non tradito né vinto il popolo; chi pregando pace, e chi disfidando guerra a nome di gente infinita contro piccolo numero di Francesi.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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