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      Le grandi quistioni di politica, le nuove costituzioni dello Stato, le leggi, le ordinanze, la guerra, e poi gli uffizi, gli uffiziali, la vita pubblica, la privata de' cittadini, erano subbietto di esame con libertà o licenza tribunicia; e le profferite sentenze andavano, secondo i casi, al Governo sotto forma di messaggio o di consigli, al tribunale censorio per accusa, e al popolo per tumulti. Nessuna coscienza riposava nella sua virtù, nessuna voce maligna era spregevole, ogni nemico potente, qualunque merito pericoloso. Vedevi mutamenti continui negli uffici dello Stato; odi acerbi, fazioni operose; il quale romore di accuse, di calunnie, di lamenti, si alzò strepitoso, e non posò che al cadere della repubblica; imperciocché le sétte, sintomi delle infermità de' governi, spengono questi se non sono spente.
      IX. Mentre nella Sala patriottica si agitavano le più sottili quistioni sul nuovo statuto, e la stessa libertà francese pareva scarsa per noi, comparve la costituzione della repubblica napoletana, proposta nel Comitato legislativo dal rappresentante Mario Pagano. Era la costituzione francese del 1793, con poche variazioni, suggerite da modesta libertà. Dispiacque leggere in essa rivocati i parlamenti comunali, tumultuosi veramente ed inutili sotto dispotica signoria, ma in repubblica mezzi opportuni alle elezioni ed amministrazioni, che sono i cardini di ogni libera società. Era debole in quella carta il potere giudiziario, né appieno libero l'amministrativo; si applaudì all'immaginato corpo degli Efori, sostenitori della sovranità del popolo. Due princìpi prevalevano: l'equilibrio dei poteri astratti, senza troppo avvertire all'equilibrio delle forze presenti, ovvero a ciò che in Stato libero è forza, cioè costumi, opinioni, virtù del popolo; ed il sospetto contro al potere esecutivo ed a' cittadini potenti.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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