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      Quella enormità inorridì le genti, e fu l'ultima della plebe; ma peggiori se ne preparavano sotto il nome di leggi. Avvegnaché, ricevute in quei giorni medesimi da Palermo le liste di proscrizione, colà compilate dalla regina, consultando i registri antichi, le delazioni delle spie nella Repubblica, le successive, gli odi propri e del suo ministro principe di Castelcicala, il re prescrisse che i tribunali di maestà cominciassero i giudizi.
      Penavano carcerati nella sola città trentamila cittadini; e poiché le antiche prigioni erano scarse, come ho detto, a tante genti, servirono al crudele ufficio i sotterranei dei castelli ed altre cave insalubri, alle quali, per martirio maggiore, s'interdissero le comodità più usate della vita, letto, seggia, lume, arnesi da bere o da nutrirsi; perciocché supponendo nei prigionieri disperazione di vita, coraggio estremo, estremi partiti, vietavano i ferri, i vetri, i metalli, le funi; visitavano i cibi, ricercavano le persone. Preposti alle carceri furono uomini spietati, dei quali fierissimo un certo Duecce, uffiziale maggiore nell'esercito, già pieno d'anni, padre di molti figli, per ventura d'Italia straniero perché nato svizzero. Egli più che gli altri inaspriva i martori delle catene, del digiuno, della sete, delle battiture; tornando in suo e a merito le costumanze orribili de' tempi baronali o monastici. Seguiva per ferocità al Duecce il colonnello De Gambs, preside alle prigioni di Capua, e pari ad esso Scipione Lamarra, generale di esercito, non che altri parecchi, allora oscuri, e dei quali la istoria debbe scordare i nomi.
      IV. Ma pure a sollievo de' prigionieri, come a spavento del re e de' suoi ministri, stavano le incertezze d'Italia: cioè squadre francesi ancora in Roma ed in Toscana; Genova guardata da presidio forte per numero di legioni, fortissimo del suo capo general Massena; il Piemonte corso da Lecourbe; Macdonald con oste numerosa presso ad unirsi al generale Moreau; e in somma eserciti combattenti, e la fortuna, sebbene inchinasse ai troni, ancora sospesa, o, quanto ella suole, mutabile.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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