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      Altro processo di grido riguardava gli uffiziali della Marina. L'ammiraglio Caracciolo era spento; ma una morte non consolando i molti sdegni prodotti dalle guerre di Procida, di Castellamare, del ponte della Maddalena, la regina comandò da Palermo che la Giunta scegliesse quattro dei più felloni per farli morire; mandasse gli altri a pene minori; compiesse ormai quel processo, troppo lungamente trattenuto, con grave danno dell'esempio, e lamentanze de' fedeli servi del re. L'infame congresso, consultando, disegnò le vittime, tra le quali il capitano Sancaprè, tenuto nelle prigioni di Santo Stefano, isola presso Gaeta. Prefisso il giorno per il giudizio, i venti tardavano l'arrivo all'isola della nave, ed il ritorno col prigioniero; ma non però fu contraddetta la volontà della regina, o differita la sentenza; imperciocché gli iniqui giudici surrogarono al fortunato Sancaprè il capitano Luigi Lagranalais, che, per le prime condanne, andava in bando. Né fu quello il solo esempio di servile obbedienza. Flavio Pirelli, egregio magistrato, imprigionato, e per dimostrata innocenza fatto libero dalla Giunta, andò, per lettere del re, a perpetuo confino in Ariano; Michelangelo Novi, condannato al bando dalla Giunta, fu chiuso, per comando venuto da Palermo, in ergastolo a vita; Gregorio Mancini, sbandito per quindici anni, già preso commiato dalla moglie e da' figli, e in nave per partire, trattenuto per nuovi ordini del re, morì al seguente giorno su le forche.
      Non appena finita la causa detta della Marina, si aprì quella della Città. Carichi gravi si addossavano a que' nobili: disobbedienza al vicario del re; usurpato impero; nuovo Governo sul decadimento della monarchia e della Casa de' Borboni; impedimenti al popolo nel difendere la città; aiuti alle armi nemiche: molte fellonie in un fatto.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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