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      XXVIII. Migliorato il processo criminale, il Governo, per avanzare i costumi, assai più validi a scemar delitti che i magistrati e le pene, volse le cure alla pubblica istruzione. La prima luce di lettere italiane spuntò in terra napoletana dalle colonie greche: Zaleuco si disse da Locri, Pitagora da Crotone, Archita era da Taranto, Alessi di Sibari, ed in altra età Ennio, Cicerone, Sallustio, Vitruvio, Ovidio, Orazio ebbero i natali sotto il nostro cielo. Le lettere morirono; e i tempi spietati per crudeltà d'imperatori, tumulti di plebe, licenze di esercito, furono seguìti da invasioni di barbare genti, Unni, Vandali, Goti. Il primo che osasse ridestare le dottrine, e sapesse invaghirne il buon re Teodorico, fu Cassiodoro, nato in Squillace, piccola città delle Calabrie. In lui si spense la italiana letteratura e restò sepolta per lungo tempo sotto il ferreo scettro de' Lombardi e de' Saraceni, se non quanto serbava piccolo e secreto ricovero in Montecassino. Come poi le lettere rialzassero lo impaurito capo per virtù de' re Svevi, cadessero nuovamente per gli Angioini, risorgessero negli Aragonesi, e fossero oppresse nel tanto lungo vicereale Governo, non fa mestieri che io qui rammenti. Né a quel che ho detto degli antichi tempi mi ha spinto letteraria vanità o amor soperchio di patria, ma desiderio onesto di far chiaro il peccato di quei nostri re che si adoprarono d'isterilire suolo alle lettere così fecondo.
      Nelle vicende della napoletana letteratura era disuguale la efficacia delle pene o de' premi; perciocché nelle avversità moriva in carcere Giannone, torturavasi Campanella, bruciava vivo Giordano Bruno, chiudevansi scuole e ginnasi: e nella fortuna erano favoriti a vil modo di cortigiani alcuni dotti, e tollerate per pompa alcune accademie.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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