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      Si abusava la pena della berlina, forse giusta dove è comune fra' cittadini il senso di vergogna, ingiustissima tra noi, dove la vergogna è nulla per guasti costumi, o troppa per natura, come provano due fatti che narrerò.
      Per ladronecci fu condannato alla berlina ed a' ferri un uomo della più bassa plebe, di persona sconcia oltre ogni credere, e goffa; e per quella bruttezza molti del popolo beffandolo, alla berlina lo motteggiavano, ed egli, sfrontatissimo e pronto, rispondeva a' motteggi, confondeva i beffatori, ridea con essi, convertiva in giuoco e scena il supplizio.
      E al tempo stesso in altra parte del regno avveniva caso contrario e miserevole. Una donzella di onorata famiglia e di padre rigidissimo, presa di amore per ardito giovane, e incintasi, vergognosa più che onesta, procurò di abortire; ma da vigorosa salute impedito l'effetto, chiusa in casa per nove mesi, tristamente visse, aiutata dalle cure pietose di una zia. Sgravatasi (madre infelice e snaturata!) tollerò che il figliuolo fusse esposto in una notte d'inverno su la via, dove miseramente morì; sì che, avutasi del delitto contezza e pruova, fu condannata a lunga prigionia ed al supplicio, secondo il Codice, della berlina. Nel giorno fatale la infelice, con infame corteggio, per le strade più popolose della sua patria, preceduta dal banditore che divolgava il misfatto, giunta al luogo dello spettacolo, fu trattenuta dal carnefice, che le impose al capo il cartello indicativo del nome, con l'aggiunto: "Uccise il figlio". Ed allora furono viste tremar tutte le delicate membra, e ad un tratto arrestarsi, cosi che lo spietato assistente, credendola ributtante al castigo, la minacciò e la spingeva; ma quella cadde bocconi alla scala del palco, perché, soffocata dalla vergogna, era morta.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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