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      L'interno dell'isola dividesi in due parti, l'una ad oriente poco alta, l'altra ad occidente altissima; in quella è la città, pur detta Capri, e molte ville, il porto, la marina, i superbi segni della tiberiana lascivia, e terreno fertilissimo coperto di vigne; nell'altra parte, detta Anacapri, la terra è sterile e sassosa, il cielo grave di nugoli, agitato dai venti, e piccolo paese vi si trova fondato a cui si giunge per unica ed angusta strada, intagliata nel sasso a scaglioni (che sono trecent'ottant'uno) alti, e la più parte dirupati per l'antichità e per lo scorrervi delle acque. Quattromila abitanti coltivano l'isola, ed erano in quel tempo fedeli al presidio inglese, forte di milleottocento soldati. Dovunque mai uomo ardito approdar potesse, l'impediva o fossa, o muro, o guardia; chiudevano il porto e la marina batterie di cannoni; cinque forti, uno ad Anacapri, quattro in Capri, bene armati, difendevano ogni parte del terreno; la città era cinta di mura. Gl'Inglesi, credendo quel posto inespugnabile, lo chiamavano "la piccola Gibilterra"; ma nulla trattener poteva l'impeto militare di Gioacchino, che tenevasi a vergogna vedere dalle sue logge sventolare la bandiera nemica, e starsi i presidi sicuri e spensierati.
      Maturato il disegno, armate molte barche, più molte caricate di soldati francesi e napoletani, dato supremo comando al general Lamarque, nella notte del 3 ottobre muove la spedizione dal porto di Napoli, ed altra minore da Salerno. Al mezzo del giorno 4 l'isola è investita da tre parti: al porto, alla marina, ad un luogo alpestre dal lito di Anacapri: de' tre assalti i due primi erano finti, benché, per numero di barche e per impeto, i più veri apparissero; quello di Anacapri, modesto e quasi inosservabile, era il vero.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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