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      Il Governo di Napoli nascondeva per mal consigliata prudenza quegli avvenimenti, che la Corte di Sicilia, esagerando, divolgava; e perciò se in quel tempo la spedizione anglo-sicula scioglieva dall'isola contro noi, più numero e più animo trovava ne' suoi partigiani, più scoramento ne' contrari. Ma dubbietà, lentezza, scambievoli sospetti tra i ministri di Sicilia e d'Inghilterra ritardavano le mosse. E intanto l'imperatore Buonaparte che vedeva di sì vasta guerra il capo in Baviera, vi accorse con le schiere francesi, le unì alle alemanne confederate, ne formò un solo esercito, e in tre giorni movendolo pervenne, come per arti ei soleva, a combattere ne' campi di Taun con superiorità di soldati. Dopo quella prima battaglia altre due ne vinse in Abensberg ed Eckmühl; combatté intorno a Ratisbona, espugnò la città, divise, disperse l'esercito nemico, e andò in gran possa sopra Vienna, che subito (a' 12 di maggio del 1809) si arrese. Diede all'esercito breve riposo; e in quel tempo arrivarono nuove squadre, ed il resto della guerra dalle due parti si preparava.
      L'esercito austriaco in Italia, poi che intese le maravigliose sventure di Baviera, mutò le condizioni di guerra, e, d'offensore assalito, abbandonò Verona, e imprese a ritirarsi verso Alemagna per le vie di Klagenfurt e di Gratz; raggiunto alla Piave, fu vinto, e le sue ultime schiere, sempre alle mani col nemico, erano rotte o sforzate: duro destino di un esercito solamente inteso a ritirarsi. Ebbe più sicura stanza in Ungheria, ponendosi in linea con le schiere del principe Carlo, nel tempo che l'esercito italo-franco si congiungeva sopra i monti del Sommering all'oste di Buonaparte.
      Più ratte, più gravi furono le sventure austriache nel Tirolo; perciocché, udite le sorti della vicina Baviera, i popolari armamenti, variabili col variar di fortuna, si sciolsero; Jellachich e Chasteller, con poche schiere ritirandosi verso la bassa Ungheria, inseguiti dal duca di Danzica, e in ogni scontro disfatti, s'imbatterono nella vanguardia italiana, e disordinatamente in picciol numero salvaronsi.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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