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      Fu in breve tempo si misera la sorte dei vassalli, che dimandarono in grazia di riscattarsi dalle servitù baronali patteggiandone il prezzo coi baroni, e dopo il riscatto far parte del demanio regio e pagare al fisco i tributi comuni: concessione di Carlo V, non osservata allora ch'era benignità, confermata dipoi e seguìta perché trasformata in avarizia ed inganno.
      A prezzo esorbitante, facendo prodigiosi sforzi, le comunità si ricomperavano; ed indi a poco (incredibile a dire) il Governo regio le rivendeva, con le servitù di feudo, agli stessi o a nuovi baroni; sì che vedendone delle riscattate e vendute tre o quattro volte, niun'altra comunità dimandava il riscatto. E poiché giovava al Governo accrescere senza sua spesa o danno il demanio regio, pattuiva (confessando obbrobriosamente le usate fraudi) che se mai riconcedesse in feudo, a prezzo o a dono, le comunità riscattate, resterebbero esse sciolte da ogni obbedienza verso il re, da ogni servitù verso il barone: scusava e legittimava la ribellione.
      Altra vena di ricchezza fiscale fu il vendere titoli e privilegi; altra il transigere a prezzo la pena de' misfatti; e perciò si leggono di quel tempo delitti orribili ed impuniti. Sotto il viceré duca d'Arcos, il barone di Nardò essendo in lite col capitolo del suo feudo, fece in un giorno troncare le teste ai ventiquattro canonici che lo componevano, e tutte le espose in dì festivo, ad argomento di potenza e di vendetta, sopra i seggi sacerdotali della chiesa; né fu castigato perché si riscattò della pena. Non vi ha città o terra già baronale che non serbi memoria di fatti atroci, né palagio o castello che non abbia i segni delle esercitate crudeltà.
      E così i baroni (essendo Napoli governato per i ministri di re lontani), non più de' troni o sostegni o nemici, e smisuratamente cresciuti di numero e mescolati ad uomini sozzi, innalzati per comprate onorificenze, ed avari, crudeli, ingiusti sopra le genti soggette, davano della feudalità idea spaventosa, ma bassa.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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