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      Altra cagione di male era nella natura delle intendenze. L'intendente, commissario del Governo e tutore del popolo, con poteri grandi e certi, doveri indeterminati e talvolta opposti, non può a lungo serbare uffizio e fama. E poiché l'uffizio gli apporta comodo e fortuna, la fama sventure ed offese, per fin da coloro a cui giova, la più parte degl'intendenti sono a pro del Governo contro del popolo, cioè duri nelle pratiche di polizia. inflessibili nelle esigenze della finanza. proclivi e pronti a tutto ciò che profitti o piaccia al re, come che a danno della provincia. Parecchi ne furono, nel tempo dei quale scrivo, difensori arditi delle ragioni del popolo, dei quali citerei e fatti e nomi se scrivessi commentari e non istorie.
      Nuovi provvedimenti migliorarono il sistema giudiziario, il qual cenno mi offre occasione di rammentare due cause trattate in quell'anno 1811, e degne di storia. Abbattuta, ma non ancora impotente, l'ira contro Gioacchino fece ordire congiura per ucciderlo quando andasse a diporto di caccia nelle foreste di Mondragone, dove il luogo, vicino ai mare, agevolasse a' regicidi la fuga; capo de' congiurati un tal fra' Giusto, già frate, amministratore di vaste tenute presso al disegnato luogo del delitto; compagni, altri ventotto, venuti di Sicilia o arruolati in Napoli. Si ordinavano le insidie, quando l'un d'essi, a patto d'impunità, rivelò al Governo il disegno; e quindi, arrestati i congiurati, sorprese armi e fogli, fu comandato il giudizio, ma con le libere consuete forme, come non fusse causa di maestà. Per testimoni, documenti e confessioni venne in pubblico dibattimento dimostrata la colpa, ed il regio procuratore chiese condanna di morte per sette dei congiurati, e di galera in vita per altri ventuno.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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