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      Questa fu avversa: il figliuolo in gran diligenza giunse apportatore della fatale condanna, e dal padre ebbe comando di segreto anche in famiglia.
      Nel seguente giorno il vecchio ottenne per danaro dal custode del carcere di desinare col figlio: e fu la mensa non abbondevole né scarsa, egli non lieto né tristo: il figlio, per lungo uso avvezzo alla prigione, indifferente. Finito il desinare, il padre parlò in questi sensi: - Figliuol mio, il tribunale di Cassazione ha rigettato il nostro ricorso, la condanna è confermata, fra poche ore sarà nota quella estrema sentenza, e tu dimani avrai cessato di vivere. In qual modo? infamemente, per mano del carnefice; ed in qual luogo? qui in patria, innanzi alla nostra casa. Il patrimonio, ch'era mio e della famiglia, tutto è stato distrutto in tua difesa; piccola vigna che io piantai è stata venduta un mese fa. Se alla nostra povertà tu vuoi aggiungere infamia, troppo di male, o mio figlio, avrai arrecato ai tuoi vecchi genitori, a due fratelli, a tre sorelle, al nome, alla discendenza. Non vi ha che un mezzo, morir prima, morir oggi. Se hai pietà della famiglia e di me, prendi, questo è un veleno - cavò di tasca una carta ravvolta, - bevilo. Se l'animo ti manca, io partirò maledicendoti; se beverai, le mie benedizioni accompagneranno il tuo spirito. - A questi ultimi detti qualche lacrima gli comparve agli occhi, e impietrì: e il figlio, che inorridito ascoltava, prese la carta, senza dir motto, di man del padre, versò il veleno nel bicchiere, baciò la destra al venerando vecchio, e, fissamente guardandolo, beveva. Mentre l'altro, levato in piedi, e, per inusitato vigore, scomparsa la curvità della persona, alzato il braccio in atto patriarcale, tre volte disegnando la Croce, il benedisse.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





Cassazione Croce