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      Il maggior intoppo (la varietà e l'avversione tra' popoli italiani) era tolto, da che tutta Italia aveva in comune i codici, la finanza, i bisogni, il comporre, l'ordinare, il comandare delle milizie; e però erano uguali dall'Alpi al Faro le armi, le ricchezze, i desidèri, elementi di vita e di forza di un popolo.
      La unione potea quindi credersi operata perché le cose pubbliche stavano unite, e non altro abbisognava a legittimarla che una opportunità ed un uomo: quella tenevasi certa fra tanti moti di guerra e di politica, questo si sperava in Gioacchino; né già per carità d'Italia, ma per propria ambizione. Palesato a lui quel disegno, lo gradì; ma temendo il sospettoso ingegno di Buonaparte, ne fece il maggior segreto dello Stato, e sì che lo ignoravano i suoi ministri e la moglie. A lui, ricco di gloria militare, scarso di fama civile e di esperienza di regno, si conveniva, per acquistar l'animo degli Italiani, reggere Napoli con modestia e senno, fondare opere utili, onorare gli scienziati di tutta Italia, dare al suo popolo Costituzione politica dicevole a' tempi ed ai costumi; e nell'esterno, essere fedele ma non soggetto all'imperator de' Francesi, e nemico a' nemici della Francia, per alleanza fra i due Stati, non come per proprio sdegno. Erano dunque le armi oneste che si adoperavano alla conquista d'Italia, ma non libere, perché trattavansi nascostamente, col segreto e quasi con le arti del delitto.
      Gl'instigatori di Gioacchino a quella impresa, i medesimi che lo avevano secondato nelle prime querele coll'imperator de' Francesi ed accesagli brama d'indipendenza e lusingato con la fiducia ch'ei potesse ogni cosa nel regno e nella Italia, appena tornato licenziosamente da Russia, ingiuriato dal cognato, ed avido perciò di vendetta, gli si offerirono, rappresentando l'Italia vuota d'armi francesi o tedesche, tutta Europa guerriera adunata ed immobile sulle sponde dell'Elba, Buonaparte percosso, inabile a tornar signore del mondo, ma tuttavia minaccioso e spaventevole, così che il mettersi contro lui non aveva pericoli, e trovava premio ed aiuto da' re nemici.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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