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      Ma Pio, più forte di Gioacchino, nella scelta del cammino vinse per risolutezza; cosi come nella divisione de' domini, conoscendo sé più debole perché disarmato ed ancora solo, aveva tollerato ch'egli tenesse la maggior parte degli antichi suoi Stati. L'indomani seguitò per la strada Emilia, e lentamente giunse a Cesena, sua patria, dove lunga pezza, sino a che le guerre di Francia e d'Italia ebbero fine, restò; e dipoi, come in trionfo, entrò in Roma il dì 24 di maggio di quell'anno 1814. Al dì vegnente le milizie di Napoli partirono, né i ministri di lui vollero consegnato dai ministri del re il governo della città e delle ricuperate province, preferendo le perdite e i disordini al fastidio ed al riconoscimento del passato dominio. Già la superbia spuntava.
      LXIII. I Carbonari della Calabria erano concitati dalla Sicilia; quelli di Abruzzo, da Lissa, isola dell'Adriatico, che, fatta emporio di commercio e di contrabando, era dagl'Inglesi fortemente guardata. I Calabresi, sperimentati ai rigori del generale Manhès, macchinavano segretamente; ma gli altri, inesperti, ratto si mossero, così che al dì fissato la rivoluzione proruppe simultanea e generale nella provincia di Teramo, confine del regno. Era disegno dei Carbonari adunarsi armati nella campagna, entrar nelle città, togliere di officio i magistrati, e mutargli in altri, gridare caduto l'impero di Murat, e risorto quello di Ferdinando Borbone, re costituzionale; correre le vicine province, e avanzare nel regno con gli aiuti di altri settari e della fortuna. La più parte de' desidéri si avverò; tutta intera quella estrema provincia, fuorché la città capitale, fu ribellata; e procedeva il cambiamento nel vicino distretto di Chieti, se i provvedimenti dell'intendente Montejasi, ed il sollecito muovere di alcune squadre di gendarmi non avessero impedito ai rivoltosi di Teramo il passaggio del fiume di Pescara.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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