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      Ritornavano quelle due legioni di Arezzo e Perugia, a gran giornate, senza l'onor di alcun fatto d'arme, o di fortuna o di sventure; e dell'onta dei capi vergognose. Per attenderle, e per dare al general Bianchi tempo convenevole al suo lungo cammino, il re fermò l'esercito dietro al Ronco, accampando l'avanguardia a Forlimpopoli, il centro tra Bertinoro ed il Savio, la riserva in Cesena e Cesenatico.
      Così per due giorni. Al mattino del terzo, Neipperg smascherò dodici cannoni messi in batteria su la sponda del Ronco, e fece guadare il fiume da due battaglioni di fanti ed uno squadrone di cavalleria; che tosto, assaliti da schiere maggiori, lasciando sulla nostra sponda quaranta morti o feriti, trenta prigioni, si ritirarono. Poi a notte bruna, e in ora tarda, e da poca distanza del campo napoletano, guadavano lentamente sette battaglioni tedeschi e due squadroni di cavalli; il primo battaglione che giunse al lido si ordinò in quadrato, gli altri sei lo seguivano: i cavalieri, arrivando, spiegavansi a battaglia. Una pattuglia del campo gli scoprì; ed allora il comandante dei Napoletani, maggiore Malchevski, polacco a' nostri stipendi, animoso ed esperto alla guerra, fece disegno d'ingannare nelle tenebre il nemico venuto ad ingannarlo; condusse un de' suoi battaglioni chetamente sul fianco diritto de' Tedeschi, e lo schierò a martello nel fiume; con un secondo battaglione e trecento cavalli, e grida, spari e batter d'armi gli assaltò nella fronte trovandoli in parte ordinati e in parte, in cammino. Eglino, benché sorpresi, combattevano; ma non vedendo, per la oscurità, né la nostra linea né la propria, ed avendo perduta la forma e la idea delle ordinanze, sentivano il combattimento così di fronte come alle spalle ed ai fianchi, e parevano colpi del nemico i colpi propri.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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