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      De' tre ministri, Circello abborriva colle idee nuove il decennio francese; gli altri due, meno avversi, ma prosuntuosi assai più, non tenevano in pregio le nostre cose. E tutti, re, ministri, consiglieri, prima marciti nell'ozio e nella servitù di Sicilia, poi travagliati dalle pratiche di libertà della siciliana Costituzione dell'anno, ed infine scacciati di magistratura e spatriati o sconfinati, non avevano seguita la rivoluzione di Napoli nelle leggi ed instituzioni, sapevano di lei solamente le congiure e le condanne, credevano peggiorato il regno. Riguardavano Napoleone ed i re nuovi come usurpatori, le opere del decennio come delitti, gli operatori come rei: un governo di dieci anni, riconosciuto in Europa, consolidato da' codici, ordini di Stato e bene pubblico, era chiamato "occupazione militare". I fogli di Messina e di Casalanza, non dunque da persuasione, ma da politica o necessità erano dettati; i nostri impieghi, le acquistate facoltà, il viver nostro, non erano già nostri diritti, ma doni di regale clemenza.
      IV. Il telegrafo segnò la partenza del re da Messina, ed allora la regina Murat sciolse dal porto di Napoli, prese i figli a Gaeta, e seguì l'odioso cammino di Trieste. Il vascello dov'era imbarcata s'incontrò all'altro che menava in Napoli il re Ferdinando; l'ammiraglio, apprestando i consueti omaggi, disse alla Murat (sotto specie di bontà, per dileggio) che non prendesse spavento del tiro del cannone, non essendo che a salva per festeggiare l'incontro del re di Napoli. E colei, che aveva animo ed uso regio, rispose non essere ai Buonaparte nuovo né ingrato quel romore. La nemica fortuna crucciava in tutti i modi la caduta famiglia: Gioacchino vagava in mare sopra fragil navilio, a ventura più che a disegno; Carolina, tenuta per alcuni giorni nel porto, vidde le feste della sua sventura, tollerò la scostumata plebaglia, che sopra piccole barche si avvicinava al suo legno per cantare canzoni d'ingiuria, ed alfine, libero lo sguardo e l'orecchio da spettacoli e suoni tanto molesti, s'incontrò prigioniera al fortunato rivale, e gli accrebbe la gioia del trionfo.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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