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      La fortezza di Pescara, comandata dal general Napoletani, fu resa nel 28 maggio; quella di Ancona, dal generale Montemaior, nel dì seguente. Un araldo del re Ferdinando intimò a que' due comandanti di arrendersi, e subito le porte si spalancarono. Fu araldo un già colonnello di Murat, unica macchia dell'onorata sua vita, imperciocché nella mutazione degli Stati quel cambiar necessario di bandiera è cordoglio agli eserciti, non onta; ma pel passaggio se alcuno palesi volontà, o ambizione, o letizia, dà prova di animo incostante e servile. L'onor militare ha cangiato natura, e da gladiatorio, qual era, è fatto civile, ché non più si ammira l'arte, il valore, la fortuna istessa di guerra, quando si combatta per iniqua causa. La tomba di Moreau giace oscura e non pianta; si onora la memoria de' soldati francesi che, tra le disperazioni di Waterloo, per volontari vicendevoli colpi si uccisero; si abborrono i nomi dei fortunati disertori di quella battaglia. Ormai la milizia (e ne siano rese grazie alla civiltà del secolo), se mercato di sangue e di servitù, è tenuta a vergogna; ma se strumento di nazionale difesa e grandezza, è virtù e decoro.
      Alle prime intimazioni dell'araldo cederono i comandanti di Pescara e di Ancona benché avessero numerose squadre, armi soperchie, vettovaglie abbondanti. Fu ignoranza e timore; avvegnaché, nati soggetti del re Borbone, riputavano colpa disobbedire al suo cenno, temevano il noto sdegno e la superbia. Ancona restò presidiata dalle armi tedesche, poi resa al papa. Pescara fu smantellata, aperte per forza di mina diciasette brecce nei baloardi, oltraggio a re amico, sospetto di novelle guerre, e provvedimento per futura conquista. Lo stesso araldo ed i mali esempi non turbando la costanza del general Begani che comandava in Gaeta, durò l'assedio, ma lento.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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