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      Dato a Parigi il 1° settembre 1815.
      Per comando di S.M.I.R.A.
      IL PRINCIPE DI METTERNICH"
     
      - Or dunque, disse Gioacchino, una prigione è il mio asilo! prigione è come tomba, ed a re caduto dal trono non rimane che morir da soldato. Tardi giugneste, Maceroni; ho già fermo il mio destino: aspettai per tre mesi la decisione dei re alleati; quegli stessi che non ha guari mi ricercavano di amicizia, mi han poi lasciato sotto il ferro de' miei nemici. Io vo con felici speranze a riconquistare il mio Stato; la sventurata guerra d'Italia nulla tolse alle mie ragioni; si perdono i regni e si acquistano per l'armi, i diritti alla corona sono immutabili, e i re caduti risalgono al trono se lo vuole fortuna, istromento di Dio. La mia prigionia, qualora fallisca l'impresa, troverà scusa dalla necessità; ma non mai serberò, volontario schiavo, sotto barbare leggi, misero avanzo di vita. Buonaparte rinunziò al trono di Francia; vi tornò per quelle vie che ora io tento, fu sconfitto in Waterloo e prigioniero. Io non ho rinunziato: i miei diritti sono illesi, destino peggiore della prigionia sarebbe contrario alla ragione delle genti; ma rassicuratevi, sarà Napoli la mia Sant'Elena.
      XIII. Nella notte, che fu del 28 settembre, la piccola armata salpò di Ajaccio, ed era sereno il cielo, placido il mare, propizio il vento, animosa la schiera, allegro il re: fallaci apparenze. Il Governo di Napoli molto sapeva di Gioacchino, e dirò come. Appena senti ch'egli era in Corsica, cercò persona che lo spiasse, ed a quel vile offizio si offerse, o (raccomandato dalla sua mala fama) fu richiesto un tale Carabelli, côrso di patria, impiegato da Gioacchino nel suo regno, d'ingegno vario ed ingrato. Si accostò in Ajaccio all'incauto Murat, e, simulando gratitudine, lo distoglieva dall'impresa: consiglio amichevole come che di nemico, avendo così comandato al Carabelli il Governo di Napoli, che misurava i pericoli di quella impresa.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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