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      XLVIII. Cosa di maggior mole fu il riordinamento della Polizia, la quale, uscendo dalle furiose mani del principe di Canosa, passò, come ho riferito, a Francesco Patrizio, che, di vario capriccioso ingegno, quando rilassava le discipline, quando aspramente le stringeva, e lo sfrenato destriero (insegna e simbolo de' nostri popoli) o trascorreva superbo dell'inabile governo, o infuriava della sferza importuna. Perciò rinvigorirono le antiche sette di libertà, nuove se ne aggiunsero, e qui appariva un libello invitatore, là un messaggio ardimentoso al monarca, altrove una costituzione messa in istampa, e da per tutto svelata contumacia verso il Governo, ed offese e delitti contro i suoi partigiani.
      De' quali disordini più abbondava la provincia di Lecce, così che vi andò commissario del re coi poteri dell'alter ego il generale Church, nato inglese, passato agli stipendi napoletani per opere non lodevoli, quindi obliate per miglior fama. Il rigore di lui fu grande e giusto: centosessantatré di varie sette morirono per pena; e quindi spavento a' settari, ardimento agli onesti, animo nei magistrati, resero a quella provincia la quiete pubblica. Ma senza pro per il regno perciocché i germi di libertà rigogliavano, animati dalla Carboneria. Della quale setta è tempo che io discorra l'origine, l'ingrandimento, la vastità, i vizi, la corruzione.
      XLIX. Alcuni napoletani esuli nel 1799, iniziati in Isvizzera ed Alemagna, dove la setta portava altro nome, tornando in patria, la introdussero; ma restò debole ed inosservata. Nell'anno 1811 certi settari, francesi ed alemanni, qua venuti, chiesero allaPolizia di spanderla nel regno come incivilimento del popolo e sostenitrice dei Governi nuovi.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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