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      Col partire del generale mancò il comando, ogni cosa si disordinò; tutti credevano il nemico alle spalle, tutti speravano trovare innanzi aiuto d'armi e di consiglio. E così, ogni schiera fuggendo, restarono gli Abruzzi vuoti di difensori.
      Miserando spettacolo! gettate le armi e le insegne; le macchine di guerra, fatte inciampo al fuggire, rovesciate, spezzate; gli argini, le trincere, opere di molte menti e di molte braccia, aperte, abbandonate; ogni ordine scomposto: esercito poco innanzi spaventoso al nemico, oggi vò1to in ludibrio. I Tedeschi, temendo agguati nella inattesa fuga, si tennero più vigilanti nei campi; ma, rassicurati dalla solitudine della frontiera, il giorno io avanzarono sopra Antrodoco, e, benché trovassero la città spopolata, i fortini e i cannoni abbandonati e giacenti, pur lentamente procederono e non si affacciarono sopra i monti dell'Aquila prima del 14. Stava la fortezza spalancata e deserta: la comunità spedì ambasciatore e doni al vincitore, la città fu occupata. Così negli Abruzzi.
      XXXIV. Il reggente, appena informato dei disastri di Rieti, chiamò, per la mattina del 10, Consiglio a Torricella, quartier generale del primo esercito, acciò le decisioni di quell'adunanza fossero al punto stesso eseguite: v'intervennero il principe reale don Leopoldo, il general Carascosa, comandante del primo esercito, il capo dello stato maggiore, il general duca d'Ascoli e il general Fardella; non il ministro della Guerra, inviato per comunicare al Parlamento gl'importanti casi d'Abruzzo; ma, richiesto del suo voto, aveva scritto:
     
      Lascerei a guardare le strette d'Itri tre battaglioni di vecchi soldati, sei di nuova milizia. Guarderei il campo di Mignano con otto battaglioni di soldati, dieci di militi.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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