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      Quel ministero fu poscia unito al ministero di Guerra, ed allorché l'esercito apprestavasi alle difese, molte navi armate correvano i mari con maraviglia universale per la prestezza delle opere in tanta scarsezza di mezzi.
      Il Parlamento, nelle buone leggi testé riferite, meritò lode comune co' ministri: ma fu solo agli altri onori che andrò esponendo. I maggiorati tuttora duravano nelle Due Sicilie; in Napoli non aboliti da' re francesi, imitatori vogliosi o forzati dell'imperator Napoleone, né dal re Borbone, che teneva quelle vecchie leggi, sostenitrici di assoluta monarchia; ed in Sicilia caduti per la Costituzione dell'anno 12, e subitamente rinvigoriti con decreto di quel Parlamento, cosi che la mala pianta vegetava ne' due regni uniti. Ma la legge del 1821 l'abbatté: i beni soggetti a maiorasco tornarono per essa liberi. Il deputato Arcovito fu della buona legge l'oratore.
      Altre leggi, proposte dal deputato Natale, abolirono la feudalità di Sicilia; non essendo bastati sino al 1821 gli esempi de' più civili regni, e la sapienza de' tempi e i costumi dei signori, e la stessa Costituzione politica dell'anno 12, e parecchi decreti degli anni 16 e 17. Quella feudalità, cessata molte volte nel nome, non mai ne' possessi, era finalmente per le nuove leggi distrutta, le stesse che sotto il re Giuseppe e Gioacchino operarono tra noi la piena caduta del barbaro edifizio. Mancò tempo alla seconda prova, perciocché, spento indi a poco il reggimento costituzionale, tornò qual era la feudalità nella Sicilia. Io credo che i modi bastati per noi erano scarsi per quell'isola, dove la feudalità è più potente, i feudatari più venerati, il popolo meno persuaso dell'utile riforma, il Governo senza le giovani forze della conquista, gli aiuti e la grandezza di straniera potenza.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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