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      Altri cento e cento furon perciò rimossi dagl'impieghi, crebbe il numero de' prigioni, de' confinati all'isole di pena, de' mandati in esilio; si accelerò il processo di Monteforte, fu riprovata la lentezza dei giudici, e minacciata per lo avvenire: le massime del Canosa, con pubblica maraviglia, duravano ne' consigli del Medici, così che il mondo pende incerto se l'uno o l'altro, a paragone d'opere malvage, fosse più tristo.
      XV. Nel nuovo Ministero ebbe adempimento una legge dettata dal re un anno innanzi, e rimasta ineseguita e scordata, non so se per le voglie del Canosa o per altre mire di Stato. E poiché ne' quattro anni che si racchiudono in questo libro fu quella legge il solo atto di governo fra mille d'impero, io ne descriverò i dettati a parte a parte. Nella lettera che il re da Laybach, il dì 28 gennaio 1821, scrisse al figlio, riportata nel nono libro di queste istorie, promise al popolo di volersi consultare con alcuni de' soggetti sopra ciò che bisognasse al riposo e prosperità del regno. Ora, dicendo voler mantenere quelle promesse, raduna per Consiglio nella reggia diciotto personaggi, il marchese Circello, il cardinal Ruffo (famoso per le rivoluzioni del 99), il principe di Canosa, altri non men tristi, e pochi, benché di buona fama, timidi e servili. A quel consesso si fecero cinque dimande in affari di Stato, ed essendo espressa nelle dimande istesse la volontà del Governo, il divoto Consiglio rispose affermando; e si decretò:
      Che le Due Sicilie si governassero separatamente, sotto l'unico impero del re: fossero proprie le imposte, la finanza, le spese, la giustizia criminale e civile, e propri gl'impieghi, così che nessun cittadino di uno Stato potesse aver carica nell'altro.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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