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      Ma la foga de' suoi col tempo ammolliva, altri disertavano, altri si mostravano schivi a' pericoli: Morelli licenziò tutti, e solo col Silvati, compagno antico, imbarcarono sopra piccola nave per Grecia. Percossi da tempesta, correndo il mare, approdarono ai lidi di Ragusi; ma privi di passaporto, e mostrando le ansietà de' fuggiaschi, suscitato sospetto alle autorità del loco e imprigionati, furono spediti (però che avean detto essere di Romagna) in Ancona. Ivi le menzogne si palesarono, i nomi che avean finti erano ignoti alla finta patria: il parlar napoletano, le dubbiezze a rispondere, le varietà dell'uno e l'altro sopra fatti comuni, le note vicissitudini, e i luoghi e i tempi accertavano ch'ei fossero due fuggitivi; e però, tenendoli guardati nel carcere, si aspettava di consegnarli al Governo di Napoli.
      Quando eglino, fingendo altri nomi, si dissero già uffiziali del reggimento Principe, partecipanti, benché da ultimi e da seguaci, a' moti civili del 1820, ed escolpati da decreto del re. Bastarono que' detti per esser mandati nel regno con numerose guardie. Silvati vi giunse, Morelli ebbe altre sorti: entrando per natural bisogno in una cava, le guardie custodivano l'uscita, ma la spelonca, dilungandosi nel seno del monte, aveva altro varco nell'opposta valle. Per quella il Morelli fuggi. Di foresta in foresta, camminando sol nella notte, andò negli Abruzzi, scese nelle Puglie, intendeva di passare in Calabria, aver denaro dai suoi parenti, ed imbarcar di nuovo con più felici speranze per Grecia. Incontrato da' ladri, fu rubato e percosso; ma poiché serbò nascoste in una cinta poche monete d'oro, fece animo a proseguire il cammino. Quasi nudo e tutto scalzo, andando poco, soffrendo troppo, entrò nel piccolo villaggio chiamato Chieuti; providde da un calzolaio scapre, cibo e veste, e le pagò con una moneta di sei ducati, ricchezza non conforme alla visibile povertà del suo stato.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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