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      Trattava infine della Spagna, e, adombrando la vicina guerra, diceva che si richiamerebbero gli ambasciatori da quello Stato sconvolto.
      XX. Sciolto il congresso di Verona, il re di Napoli andò a Vienna. L'età grave di lui, la stagione invernale (era il dicembre), l'allontanamento da' piaceri della caccia e dell'impero, il viver privato, deposte le usanze di lunga vita, accreditavano il sospetto ch'egli lasciasse il freno del governo al figlio duca di Calabria per rinuncia stabilita nel congresso; le quali pubbliche speranze presto caddero col suo ritorno in Napoli. Ma è cosa certa, sebbene oscura, che in congresso fu trattato di quella rinunzia e della separazione de' due regni delle Sicilie per disegni dell'Austria, contradetti dalla Francia, fallati per voto della Inghilterra. Tornato il re in Napoli, si fecero nella città luminarie e feste, in Corte circoli ed aringhe. sdegnandosi il mondo alla eccessiva adulazione de' soggetti ed all'alterezza del re, in tanta pubblica miseria, colla coscienza dei comuni falli. Il principe Ruffo e il general Clary, poco innanzi nominati ministri, furono dimessi: non meritevoli della presente sventura, né della fortuna precedente. Il cavalier Medici ritornò nella sincera grazia del re, che gli accrebbe onori e potere.
      XXI. Cessate nell'assenza del re le condanne di morte, il popolo si rinfrancava dal terrore, quando. poco dopo il ritorno, furono giustiziati cinque carbonari, che nel 1820, usciti di taverna ubbriachi, traversando fugacemente in carrozza la città detta Cava, sventolarono le insegne della setta, e gridarono voci di libertà, ma infeconde di tumulti o delitti. Al tempo stesso rinvigorirono tutte le specie del rigore, non per nuovo comando del re, ma perché i ministri e i magistrati suoi, vedendo l'animo regio non inchinato a nessuna pietà, speravano maggior favore e più larghi premi straziando gli afflitti.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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