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      Si volse più dell'usato ai facili ripari di devozione; comandò che, doppiando fatica e spese, fosse terminato il tempio di San Francesco, e prendendo giornaliero conto de' lavori, spesso addolorandosi, diceva che non vedrebbe il compimento di quell'opera. E nol vidde.
      Perciocché al cader dell'anno 1824 egli ammalò, ma leggermente, così che tornò a' teatri e alle cacce. Nella sera de' tre gennaio 1825, dopo il giuoco e le preghiere, andò a dormire. Solito intorno alle otto della mattina chiamare un servo, nel dì 4 l'ora suonò e non chiamava. Aspettarono. Chi vegliava alla sua custodia nelle vicine stanze accertava aver inteso, alle sei del mattino, tossire il re due volte. Scorreva il tempo; l'orecchio accostato all'uscio della camera nulla udiva; si fece consiglio dei famigliari e de' medici (presenti per uso di quella Corte al destarsi del re), e fu deciso (erano le dieci ore) che, anche non chiamati, si entrasse. Ad ogni passo crescevano i sospetti, e furono viste le coltri ed i lenzuoli disordinati, e in essi avvolto il corpo del re così stranamente che pareva aver lottato lunga pezza; perciocché un lenzuolo gli avvolgeva il capo, e quel viluppo si nascondeva sotto al guanciale; le gambe, le braccia stravolte; la bocca aperta come a chiamare aiuto, od a raccogliere le aure della vita; livido viso e nero, occhi aperti e terribili. Si spande la nuova nella reggia; corre la famiglia, altri medici accorrono, non rimane dubbiezza o speranza; egli è morto di apoplessia, come più chiaramente fu visto all'aprire del cadavere.
      La morte del re delle Due Sicilie Ferdinando I fu bandita con editto del re delle Due Sicilie Francesco I. Ma poco innanzi nella città, bisbigliata la nuova e creduto inganno della Polizia per discoprire dalle risposte o dal gesto l'animo di chi udiva, tutti tremando e tacendo schivavano gl'incontri.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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