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      Quanto e qual sangue fusse versato, è noto al mondo.
      Vennero i regni francesi. Le civili franchigie, possibili a governo simile all'impero, furono dai Napoletani chieste, ottenute. Ebbero gloria in quei dieci anni le armi napoletane in Germania, in Russia, in Ispagna, in Italia.
      Nel 1813 poco mancò che la Italia fosse unita; i destini impedirono l'unione, i Napoletani per arti ed armi l'avean tentata.
      L'anno seguente, benché alleati dell'Austria, estendevano in Italia impero italiano; spargevano semi d'indipendenza e di unione.
      E l'anno appresso, con bandiera spiegata di libertà, esercito napoletano corse la Italia invitandola a rompere il giogo de' forestieri, ed essere libera ed una. Temeraria impresa di un solo popolo; ragionevole e felice, se gli altri popoli sentivano la sete medesima di libertà. I Parmigiani, i Modenesi, i Toscani si unirono a' Tedeschi, restarono cheti e servi dell'Austria gli altri popoli, la temerità de' Napoletani fu pagata col sangue.
      Nella restaurazione de' vecchi governi, l'anno 1815, Napoli, sola della Italia, conservò codici, leggi, ordinanze francesi; non che l'antico re Ferdinando Borbone avesse rispetto al miglior governo dello Stato, ma perché temeva il disdegno del popolo.
      Pure que' codici non bastavano alla civiltà napoletana, e nel 1820 il popolo con mirabile rivolgimento fece a sé stesso leggi migliori. Ingannato e tradito, non le difese; la sua caduta era inevitabile, gli fu colpa cader vilmente.
      Del qual peccato pagò la pena, perché a Stato troppo libero successe tirannide; ma le tante morti, gl'infiniti martori non bastarono ad assoggettarlo: egli è servo che freme, e fa tremare chi lo conculca.
      Perciò in sei lustri centomila napoletani perirono di varia morte, tutti per causa di pubblica libertà o di amore d'Italia; e le altre italiche genti, oziose ed intere, serve a straniero impero, tacite o plaudenti, oltraggiano la miseria dei vinti; nel quale dispregio, ingiusto e codardo, sta scolpita la durevole loro servitù, insino a tanto che braccio altrui, quasi a malgrado, le sollevi da quella bassezza.


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Storia del reame di Napoli
di Pietro Colletta
pagine 963

   





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