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      Dopo mezzo minuto la finestra si riaprì e la voce del solito vecchino gridò a Pinocchio:
      – Fatti sotto e para il cappello.
      Pinocchio si levò subito il suo cappelluccio; ma mentre faceva l’atto di pararlo, sentì pioversi addosso un’enorme catinellata d’acqua che lo annaffiò tutto dalla testa ai piedi, come se fosse un vaso di giranio appassito.
      Tornò a casa bagnato come un pulcino e rifinito dalla stanchezza e dalla fame e perché non aveva più forza di reggersi ritto, si pose a sedere, appoggiando i piedi fradici e impillaccherati sopra un caldano pieno di brace accesa.
      E lì si addormentò; e nel dormire, i piedi che erano di legno, gli presero fuoco e adagio adagio gli si carbonizzarono e diventarono cenere.
      E Pinocchio seguitava a dormire e a russare, come se i suoi piedi fossero quelli d’un altro. Finalmente sul far del giorno si svegliò, perché qualcuno aveva bussato alla porta.
      – Chi è? – domandò sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.
      – Sono io, – rispose una voce.
      Quella voce era la voce di Geppetto.
     
     
      VII Geppetto torna a casa, e dà al burattino la colazione che il pover’uomo aveva portata con sé.
     
      Il povero Pinocchio, che aveva sempre gli occhi fra il sonno, non s’era ancora avvisto dei piedi, che gli si erano tutti bruciati: per cui appena sentì la voce di suo padre, schizzò giù dallo sgabello per correre a tirare il paletto; ma invece, dopo due o tre traballoni, cadde di picchio tutto lungo disteso sul pavimento.
      E nel battere in terra fece lo stesso rumore, che avrebbe fatto un sacco di mestoli. cascato da un quinto piano.


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





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