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      Ma Geppetto, per punirlo della monelleria fatta lo lasciò piangere e disperarsi per una mezza giornata: poi gli disse:
      – E perché dovrei rifarti i piedi? Forse per vederti scappar di nuovo da casa tua?
      – Vi prometto, – disse il burattino singhiozzando, – che da oggi in poi sarò buono...
      – Tutti i ragazzi, – replicò Geppetto, – quando vogliono ottenere qualcosa, dicono così.
      – Vi prometto che anderò a scuola, studierò e mi farò onore...
      – Tutti i ragazzi, quando vogliono ottenere qualcosa, ripetono la medesima storia.
      – Ma io non sono come gli altri ragazzi! Io sono più buono di tutti e dico sempre la verità. Vi prometto, babbo, che imparerò un’arte e che sarò la consolazione e il bastone della vostra vecchiaia.
      Geppetto che, sebbene facesse il viso di tiranno, aveva gli occhi pieni di pianto e il cuore grosso dalla passione di vedere il suo povero Pinocchio in quello stato compassionevole, non rispose altre parole: ma, presi in mano gli arnesi del mestiere e due pezzetti di legno stagionato, si pose a lavorare di grandissimo impegno.
      E in meno d’un’ora, i piedi erano bell’e fatti; due piedini svelti, asciutti e nervosi, come se fossero modellati da un artista di genio.
      Allora Geppetto disse al burattino:
      – Chiudi gli occhi e dormi!
      E Pinocchio chiuse gli occhi e fece finta di dormire. E nel tempo che si fingeva addormentato, Geppetto con un po’ di colla sciolta in un guscio d’uovo gli appiccicò i due piedi al loro posto, e glieli appiccicò così bene, che non si vedeva nemmeno il segno dell’attaccatura.


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





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