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      Appena il burattino si accorse di avere i piedi, saltò giù dalla tavola dove stava disteso, e principiò a fare mille sgambetti e mille capriole, come se fosse ammattito dalla gran contentezza.
      – Per ricompensarvi di quanto avete fatto per me, – disse Pinocchio al suo babbo, – voglio subito andare a scuola.
      – Bravo ragazzo!
      – Ma per andare a scuola ho bisogno d’un po’ di vestito.
      Geppetto, che era povero e non aveva in tasca nemmeno un centesimo, gli fece allora un vestituccio di carta fiorita, un paio di scarpe di scorza di albero e un berrettino di midolla di pane.
      Pinocchio corse subito a specchiarsi in una catinella piena d’acqua e rimase così contento di sé, che disse pavoneggiandosi:
      – Paio proprio un signore!
      – Davvero, – replicò Geppetto, – perché, tienlo a mente, non è il vestito bello che fa il signore. ma è piuttosto il vestito pulito.
      – A proposito, – soggiunse il burattino, – per andare alla scuola mi manca sempre qualcosa: anzi mi manca il più e il meglio.
      – Cioè?
      – Mi manca l’Abbecedario.
      – Hai ragione: ma come si fa per averlo?
      – È facilissimo: si va da un libraio e si compra.
      – E i quattrini?
      – Io non ce l’ho.
      – Nemmeno io, – soggiunse il buon vecchio, facendosi tristo.
      E Pinocchio, sebbene fosse un ragazzo allegrissimo, si fece tristo anche lui: perché la miseria, quando è miseria davvero, la intendono tutti: anche i ragazzi.
      – Pazienza! – gridò Geppetto tutt’a un tratto rizzandosi in piedi; e infilatasi la vecchia casacca di fustagno, tutta toppe e rimendi, uscì correndo di casa.


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





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