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      Invece di tornartene a casa tua, dovresti venire con noi.
      – E dove mi volete condurre?
      – Nel paese dei Barbagianni.
      Pinocchio ci pensò un poco, e poi disse risolutamente:
      – No, non ci voglio venire. Oramai sono vicino a casa, e voglio andarmene a casa, dove c’è il mio babbo che m’aspetta. Chi lo sa, povero vecchio, quanto ha sospirato ieri, a non vedermi tornare. Pur troppo io sono stato un figliolo cattivo, e il Grillo-parlante aveva ragione quando diceva: «I ragazzi disobbedienti non possono aver bene in questo mondo». E io l’ho provato a mie spese, Perché mi sono capitate dimolte disgrazie, e anche ieri sera in casa di Mangiafoco, ho corso pericolo... Brrr! mi viene i bordoni soltanto a pensarci!
      – Dunque, – disse la Volpe, – vuoi proprio andare a casa tua? Allora vai pure, e tanto peggio per te!
      – Tanto peggio per te! – ripeté il Gatto.
      – Pensaci bene, Pinocchio, perché tu dai un calcio alla fortuna.
      – Alla fortuna! – ripeté il Gatto.
      – I tuoi cinque zecchini, dall’oggi al domani sarebbero diventati duemila.
      – Duemila! – ripeté il Gatto.
      – Ma com’è mai possibile che diventino tanti? – domandò Pinocchio, restando a bocca aperta dallo stupore.
      – Te lo spiego subito, – disse la Volpe. – Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c’è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro per esempio uno zecchino d’oro. Poi ricuopri la buca con un po’ di terra: l’annaffi con due secchie d’acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto.


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





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