Ricordatevi però che a mezzanotte vogliamo essere svegliati per continuare il nostro viaggio.
– Sissignori, – rispose l’oste e strizzò l’occhio alla Volpe e al Gatto, come dire: «Ho mangiata la foglia e ci siamo intesi!...».
Appena che Pinocchio fu entrato nel letto, si addormentò a colpo e principiò a sognare. E sognando gli pareva di essere in mezzo a un campo, e questo campo era pieno di arboscelli carichi di grappoli, e questi grappoli erano carichi di zecchini d’oro che, dondolandosi mossi dal vento, facevano zin, zin, zin, quasi volessero dire: «Chi ci vuole venga a prenderci». Ma quando Pinocchio fu sul più bello, quando, cioè, allungò la mano per prendere a manciate tutte quelle belle monete e mettersele in tasca, si trovò svegliato all’improvviso da tre violentissimi colpi dati nella porta di camera.
Era l’oste che veniva a dirgli che la mezzanotte era suonata.
– E i miei compagni sono pronti? – gli domandò il burattino.
– Altro che pronti! Sono partiti due ore fa.
– Perché mai tanta fretta?
– Perché il Gatto ha ricevuto un’imbasciata, che il suo gattino maggiore, malato di geloni ai piedi, stava in pericolo di vita.
– E la cena l’hanno pagata?
– Che vi pare? Quelle lì sono persone troppo educate perché facciano un affronto simile alla signoria vostra.
– Peccato! Quest’affronto mi avrebbe fatto tanto piacere! – disse Pinocchio, grattandosi il capo. Poi domandò:
– E dove hanno detto di aspettarmi quei buoni amici?
– Al Campo dei miracoli, domattina, allo spuntare del giorno.
Pinocchio pagò uno zecchino per la cena sua e per quella dei suoi compagni, e dopo partì.
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