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      Ma si può dire che partisse a tastoni, perché fuori dell’osteria c’era un buio così buio, che non ci si vedeva da qui a lì. Nella campagna all’intorno non si sentiva alitare una foglia. Solamente alcuni uccellacci notturni, traversando la strada da una siepe all’altra, venivano a sbattere le ali sul naso di Pinocchio, il quale, facendo un salto indietro per la paura, gridava: – Chi va là? – e l’eco delle colline circostanti ripeteva in lontananza: – Chi va là? chi va là? chi va là?
      Intanto, mentre camminava, vide sul tronco di un albero un piccolo animaletto che riluceva di una luce pallida e opaca, come un lumino da notte dentro una lampada di porcellana trasparente.
      – Chi sei? – gli domandò Pinocchio.
      – Sono l’ombra del Grillo-parlante, – rispose l’animaletto, con una vocina fioca fioca, che pareva venisse dal mondo di là.
      – Che vuoi da me? – disse il burattino.
      – Voglio darti un consiglio. Ritorna indietro e porta i quattro zecchini, che ti sono rimasti, al tuo povero babbo che piange e si dispera per non averti più veduto.
      – Domani il mio babbo sarà un gran signore, perché questi quattro zecchini diventeranno duemila.
      – Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera. Per il solito, o sono matti o imbroglioni! Dai retta a me, ritorna indietro.
      – E io, invece, voglio andare avanti.
      – L’ora è tarda!...
      – Voglio andare avanti.
      – La nottata è scura...
      – Voglio andare avanti.
      – La strada è pericolosa...
      – Voglio andare avanti.
      – Ricordati che i ragazzi che vogliono fare di loro capriccio e a modo loro, prima o poi se ne pentono.


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





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