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      – Anche per questa volta l’ho proprio scampata bella!
      Intanto a poco a poco il cielo si rasserenò; il sole apparve fuori in tutto il suo splendore e il mare diventò tranquillissimo e buono come un olio.
      Allora il burattino distese i suoi panni al sole per rasciugarli e si pose a guardare di qua e di là se per caso avesse potuto scorgere su quella immensa spianata d’acqua una piccola barchetta con un omino dentro. Ma dopo aver guardato ben bene, non vide altro dinanzi a sé che cielo, mare e qualche vela di bastimento, ma così lontana, che pareva una mosca.
      – Sapessi almeno come si chiama quest’isola! – andava dicendo. – Sapessi almeno se quest’isola è abitata da gente di garbo, voglio dire da gente che non abbia il vizio di attaccare i ragazzi ai rami degli alberi; ma a chi mai posso domandarlo? A chi, se non c’è nessuno?...
      Quest’idea di trovarsi solo, solo, solo in mezzo a quel gran paese disabitato, gli messe addosso tanta malinconia, che stava lì lì per piangere; quando tutt’a un tratto vide passare, a poca distanza dalla riva, un grosso pesce, che se ne andava tranquillamente per i fatti suoi, con tutta la testa fuori dell’acqua.
      Non sapendo come chiamarlo per nome, il burattino gli gridò a voce alta, per farsi sentire:
      – Ehi, signor pesce, che mi permetterebbe una parola?
      – Anche due, – rispose il pesce, il quale era un Delfino così garbato, come se ne trovano pochi in tutti i mari del mondo.
      – Mi farebbe il piacere di dirmi se in quest’isola vi sono dei paesi dove si possa mangiare, senza pericolo d’esser mangiati?


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





Sapessi Delfino