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      – Ho già capito: dev’essere un granchio di mare.
      Allora Pinocchio mortificato di sentirsi scambiare per un granchio, disse con accento risentito:
      – Ma che granchio e non granchio? Guardi come lei mi tratta! Io per sua regola sono un burattino.
      – Un burattino? – replicò il pescatore. – Dico la verità, il pesce burattino è per me un pesce nuovo! Meglio così! Ti mangerò più volentieri.
      – Mangiarmi? Ma la vuol capire che io non sono un pesce? O non sente che parlo, e ragiono come lei?
      – È verissimo, – soggiunse il pescatore, – e siccome vedo che sei un pesce, che hai la fortuna di parlare e di ragionare, come me, così voglio usarti anch’io i dovuti riguardi.
      – E questi riguardi sarebbero?...
      – In segno di amicizia e di stima particolare, lascerò a te la scelta del come vuoi essere cucinato. Desideri essere fritto in padella, oppure preferisci di essere cotto nel tegame colla salsa di pomidoro?
      – A dir la verità, – rispose Pinocchio, – se io debbo scegliere, preferisco piuttosto di essere lasciato libero, per potermene tornare a casa mia.
      – Tu scherzi? Ti pare che io voglia perdere l’occasione di assaggiare un pesce così raro? Non capita mica tutti i giorni un pesce burattino in questi mari. Lascia fare a me: ti friggerò in padella assieme a tutti gli altri pesci, e te ne troverai contento. L’esser fritto in compagnia è sempre una consolazione.
      L’infelice Pinocchio, a quest’antifona, cominciò a piangere, a strillare, a raccomandarsi e piangendo diceva: – Quant’era meglio, che fossi andato a scuola!


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





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