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      – Spicciatevi, per carità, perché io muoio dal freddo.
      – Ragazzo mio, io sono una lumaca, e le lumache non hanno mai fretta.
      Intanto passò un’ora, ne passarono due, e la porta non si apriva: per cui Pinocchio, che tremava dal freddo, dalla paura e dall’acqua che aveva addosso, si fece cuore e bussò una seconda volta, e bussò più forte. A quel secondo colpo si aprì una finestra del piano di sotto e si affacciò la solita Lumaca.
      – Lumachina bella, – gridò Pinocchio dalla strada, – sono due ore che aspetto! E due ore, a questa serataccia, diventano più lunghe di due anni. Spicciatevi, per carità.
      – Ragazzo mio – gli rispose dalla finestra quella bestiola tutta pace e tutta flemma, – ragazzo mio, io sono una lumaca, e le lumache non hanno mai fretta.
      E la finestra si richiuse.
      Di lì a poco suonò la mezzanotte: poi il tocco, poi le due dopo mezzanotte, e la porta era sempre chiusa.
      Allora Pinocchio, perduta la pazienza, afferrò con rabbia il battente della porta per bussare un gran colpo da far rintronare tutto il casamento: ma il battente che era di ferro, diventò a un tratto un’anguilla viva, che sgusciandogli dalle mani sparì nel rigagnolo d’acqua in mezzo alla strada.
      – Ah, sì? – gridò Pinocchio sempre più accecato dalla collera. – Se il battente è sparito, io seguiterò a bussare a furia di calci.
      E tiratosi un poco indietro, lasciò andare una solennissima pedata nell’uscio della casa. Il colpo fu così forte, che il piede penetrò nel legno fino a mezzo: e quando il burattino si provò a ricavarlo fuori, fu tutta fatica inutile: perché il piede c’era rimasto conficcato dentro, come un chiodo ribadito.


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





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