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      Figuratevi che il Gatto, a furia di fingersi cieco, aveva finito coll’accecare davvero: e la Volpe invecchiata, intignata e tutta perduta da una parte, non aveva più nemmeno la coda. Così è. Quella trista ladracchiola, caduta nella più squallida miseria, si trovò costretta un bel giorno a vendere perfino la sua bellissima coda a un merciaio ambulante, che la comprò per farsene uno scacciamosche.
      – O Pinocchio, – gridò la Volpe con voce di piagnisteo, – fai un po’ di carità a questi due poveri infermi.
      – Infermi! – ripeté il Gatto.
      – Addio, mascherine! – rispose il burattino. – Mi avete ingannato una volta, e ora non mi ripigliate più.
      – Credilo, Pinocchio, che oggi siamo poveri e disgraziati davvero!
      – Davvero! – ripeté il Gatto.
      – Se siete poveri, ve lo meritate. Ricordatevi del proverbio che dice: «I quattrini rubati non fanno mai frutto». Addio, mascherine!
      – Abbi compassione di noi!...
      – Di noi!...
      – Addio, mascherine! Ricordatevi del proverbio che dice: «La farina del diavolo va tutta in crusca».
      – Non ci abbandonare!...
      – ...are! - ripeté il Gatto.
      – Addio, mascherine! Ricordatevi del proverbio che dice: «Chi ruba il mantello al suo prossimo, per il solito muore senza camicia».
      E così dicendo, Pinocchio e Geppetto seguitarono tranquillamente per la loro strada: finché, fatti altri cento passi, videro in fondo a una viottola in mezzo ai campi una bella capanna tutta di paglia, e col tetto coperto d’embrici e di mattoni.
      – Quella capanna dev’essere abitata da qualcuno, – disse Pinocchio.


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





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