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      Vivono con noi. Sono padroni di tutto l'appartamento. Impariamo il loro linguaggio monco e, nell'intimitā, ne adottiamo la nomenclatura strampalata; li mettiamo a tavola con noi; vegliamo ai loro bisogni, li vezzeggiamo, li chiamiamo con nomignoli graziosi ed insensati. Ninė, Rirė, Lolō; conosco un bimbo che ha nome Fulvio, ed č chiamato Fufų.
      Č il giorno di ricevimento. La signora ha molte visite.
      Ad un tratto risuonano alte grida; non ci si intende pių a discorrere. Č Mimė che si desta; e significa alla famiglia, sulla quale regna, che č stanco della posizione orizzontale. La mamma sorride di beatitudine; se occorre, lascia un momento la compagnia e corre ad esprimere con un bacio la sua ammirazione per quelle gesta del piccolo despota. Nessuno pensa a biasimarlo; figurarsi! Sono cosė carine e commoventi quelle note scordate d'una vocina di bimbo!
      Mimė fa il suo ingresso in sala nelle braccia della nutrice. Qualche cosa di grave lo impensierisce; s'č sognato male, č ancora di cattivo umore. Non si degna di salutare la compagnia; all'invito della mamma di compiere colla sua manina quell'atto di civiltā, alza le spalline rosee e nasconde il volto in seno alla balia, presentando la sua personcina... dal rovescio. Č ancora nei suoi diritti. E poi Mimė č cosė bellino da tutte le parti.
      Avete un amico di famiglia a pranzo; la mamma ha sorvegliato gli apparecchi con affetto. Mimė troneggia vestito di bianco sul seggiolotto.
      Osserva che il babbo e la mamma fanno ogni maniera di cortesie a quel vecchio signore, che sono felici di ospitarlo.


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La gente per bene
di Marchesa Colombi
Editore Galli
1893 pagine 196

   





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