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      Un giorno una conoscente di fuori città le mandò un bel giovine, un vero giovine con baffi e basette, munito d'una lettera di presentazione. Andava a stabilirsi in quella provincia, e la signora, amica della madre di lui, voleva procurargli qualche conoscenza.
      Un'altra sconvenienza. Alle signorine senza mamma non si presentano giovinotti. Ma quella signora sperava di veder combinarsi un matrimonio, ed aveva presa la sola via che le era aperta. I due giovani si rividero in società, in teatro, e, per farla breve, perchè mi accorgo d'essermi impegnata in una storia lunga, s'innamorarono come due eroi da romanzo, malgrado quel fidanzatino più da romanzo ancora. Un bel giorno il giovine si presentò in casa della signorina portandole una lettera della signora che lo aveva presentato a lei, e che aveva riveduta in una sua gita a Torino. Lasciò la lettera ed uscì. Lo zio era presente, ma udendo che si trattava semplicemente d'un'epistola da signora, si risparmiò la briga di leggerla. Era quello appunto su cui il giovine aveva contato. La lettera era sua, e, confessando sentimenti che i suoi occhi ed il suo contegno avevano già rivelati, offriva la sua mano ed il suo cuore, e domandava alla signorina il consenso per chiederla in isposa allo zio. Precisamente il contrario di quello che avrebbe dovuto fare. Ma erano eroi da romanzo e dovevano passare di sconvenienza in sconvenienza. Infatti, la fanciulla non disse nulla allo zio, e, lottando col proprio cuore, innamorato del bel giovinotto coi baffi, e stemperandosi in lacrime, rispose segretamente nella prossima visita, che era fidanzata, e spinse l'eroismo donchisciottesco, fino a dirsi innamorata di quell'ombra di fidanzatino col quale giocava alla sposa.


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La gente per bene
di Marchesa Colombi
Editore Galli
1893 pagine 196

   





Torino