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      Tutti sanno che a Torino vi sono, o vi erano allora quattro signorine di famiglie patrizie, le quali avevano il gentile diritto di accompagnare all'altare le principesse della casa reale e di portare poi in capo quando andavano a marito, gli stessi fiori portati dall'augusta sposa. Ereditando i fiori della principessa Margherita, quelle signorine ne ereditarono naturalmente il diritto di non piangere. Ed infatti la cronaca assicura che quando si sposarono non si presentarono cogli occhi gonfi e col naso rosso.
      Fin d'allora dunque le lacrime furono messe da banda, a grande soddisfazione degli sposi, che s'accomodavano male di quelle scene in cui facevano la parte di necrofori, seppellitori di Vestali.
      Questo non vuol dire che le signorine amino meno la loro famiglia, e ne sentano meno il distacco. Si sono fatte più coraggiose e ragionevoli; hanno compreso che le loro lacrime non farebbero che affliggere maggiormente i loro cari, e che infine, per un matrimonio accettato da loro, e con pieno aggradimento, quell'atteggiarsi da vittime sarebbe un'incoerenza.
      Al momento poi di dire addio al babbo, alla mamma, alla casa paterna, di entrare in carrozza e di partire, se i singhiozzi fanno gruppo alla gola, se le lacrime fanno violenza alle ciglia, lascino che il loro cuore si sfoghi: non è che un istante. I cavalli scalpitano, i bauli sono già alla stazione; fra pochi minuti il fischio della macchina a vapore dirà alla mamma commossa, che la portiera del coupè s'è chiusa sui due viaggiatori, e che il primo bacio di sposa ha cancellato quelle ultime lacrime di fanciulla.


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La gente per bene
di Marchesa Colombi
Editore Galli
1893 pagine 196

   





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