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      Poi, dopo sei mesi, compare un solino bianco, coi relativi polsini: e dopo tre mesi ancora, un abito bigio, violetto.... E poi è finito. Ci si mette un anno di più, ma ci si arriva sempre alla casacca d'arlecchino.
      Ma cosa pretende, marchesa? Che si vesta di nero tutto il resto dei nostri giorni, perchè s'è avuto la disgrazia....
      Io? Chi lo ha detto? Nemmen per sogno. Io non ho opinioni. Cito le regole, e basta.
      Da noi il lutto da vedova è d'un anno. Si può fare il secondo semestre col mezzo lutto. Ma non è più di moda. Dunque un anno di lutto; e non c'è morto per bene che abbia diritto di lagnarsi della propria moglie.
      Il lutto pel babbo, la mamma, i nonni è pure d'un anno. Pei fratelli, le sorelle, gli zii, è di sei mesi. Pei cugini, i cognati, tre mesi soltanto.
      Per una persona da cui si eredita si porta un lutto almeno di tre mesi. La servitù d'una famiglia in lutto grave, deve pure essere in lutto. E questo si fa, beninteso, a spese dei padroni.
      Scusi, marchesa, non ha parlato della somma delle sventure: una madre a cui muore un bimbo....
      Ebbene, lo fa seppellire.
      Ma il lutto?
      Il lutto? Ma che, le pare? Non si usa. Se lei, signora lettrice, dovesse perdere quel suo cherubino biondo, il giorno dopo si vestirebbe come il giorno prima. I selvaggi, gli Esquimesi, ed anche i chimpansé, quando perdono i loro figli si rotolano per terra, si coprono il capo di polvere. Sono i loro segni di lutto, e, da veri barbari, li dànno pei figli come pei padri. Ma noi, gente civile, abbiam trovato il pelo nell'ovo.


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La gente per bene
di Marchesa Colombi
Editore Galli
1893 pagine 196

   





Esquimesi