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      Però, quand'era sola, rimaneva spesso in estasi a guardare gli armadi e le tavole su cui il fanciullo era balzato tante volte giocando, e gli sorrideva come se lo vedesse là. Un giorno che, per caso, alzando gli occhi sulla bottega del fornaio, vide un o fra le lettere dell'insegna, si rallegrò come se avesse trovato un vecchio amico; non poteva saziarsi di ripetere quella vocale e di guardarla. E d'allora andò osservando tutte le insegne dei negozi, e quando trovava degli o li contemplava lungamente, e ne ritraeva gli occhi inondati di lacrime, come se avesse fissato il sole.
      Qualche volta la domenica andava dalla sua balia, e quando il Dottorino non pranzava in casa, ci rimaneva a mangiare la polenta. La balia non le badava punto. Nella stagione dei lavori stava nei campi dall'alba al tramonto, o portava gerle di ghiaia giù dalle montagne; nell'invernata filava nella stalla fin dopo la mezzanotte, ed aveva sempre un arretrato di sonno che la rendeva stupida. Si rifaceva un po' la domenica in chiesa, dormendo tutto il tempo delle funzioni. La vecchia Lucia invece, che faceva la massaia, aveva sempre qualche cosa da insegnare alla Matta; la festa la conduceva in chiesa con sé, ed a forza di dirle e di ripeterle le sue orazioni in latino, era riuscita a fargliele imparare. La serva non ne capiva nulla, e la vecchia neppure. Ma cosa importava? Purché le capisse «quel di lassù!»
      E la Matta ripeteva devotamente quel guazzabuglio privo di senso al Padre Eterno, perché facesse tornare Giovanni.


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Il tramonto d'un ideale
di Marchesa Colombi
pagine 171

   





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