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      Giovanni provò un momento di sollievo al sentirsi così isolato, e disse un grazie chiaro e punto rustico. E dopo il pranzo durante il quale i mecenati che non lo vedevano l'avevano dimenticato, quando tutti andavano e venivano pel giardino colle chicchere del caffè, e ridevano fra loro, egli si accostò a Rachele e le disse: «Ha pranzato bene, signorina?».
      «Bene, grazie; e lei?» rispose con dolcezza la giovinetta.
      «Oh io sono stato benissimo là» esclamò Giovanni, guardandola con riconoscenza. «La ringrazio d'avermi messo coi bambini».
      Stettero un momento senza dir nulla poi Giovanni ripigliò: «Favorisca salutare il suo babbo: io non voglio disturbarlo». Ed uscì in fretta come se fuggisse.
     
      La Matta fu attonita di vederlo tornare così presto, che il sole era ancora alto; e disse a mezza voce, com'era sua abitudine: «Sta più volentieri a casa che al castello». Guardò lungamente l'uscio della camera dove Giovanni s'era rinchiuso; poi sospirò: «Peccato che non giochi più!». E quella sera non scese ad udir chiacchierare le comari del vicinato.
     
      Rachele aveva una serie di parenti a Borgomanero, a Boca, a Maggiora, ad Orta; era sempre in giro col suo babbo a far visite. Ed il Dottorino era stato troppo umiliato dal contegno di suo figlio al castello, per aver voglia di ricondurvelo, le poche volte che i castellani, tra visita e visita, lo invitavano a pranzo.
      «Finché abbia spogliati gli abiti e la selvatichezza degli Oblati, con me non ci verrà più» diceva a Rachele quando gli domandava di lui.


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Il tramonto d'un ideale
di Marchesa Colombi
pagine 171

   





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