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      Aveva sessant'anni, ma pareva un vecchione; aveva la testa calva e la barba bianca. Il suo sguardo era duro; il viso imbronciato come d'un uomo collerico.
      La presenza del giovine avvocato parve seccarlo più che altro. Non si mosse affatto al vederlo, e quando Giovanni gli si presentò come suo difensore, si strinse nelle spalle, e rispose: «Ho ucciso quell'uomo, non nego nulla. Non c'è bisogno del difensore».
      Per quanto Giovanni lo interrogasse, non volle dir altro. Quel cinismo cupo parve anormale al giovine avvocato. Egli si rivolse al carceriere: «Cosa dice l'imputato del suo processo?»
      «Non dice nulla perché non parla mai».
      «Come impiega la giornata?»
      «Sta quasi sempre seduto a quel modo. Qualche volta legge, o scrive colla matita sul muro».
      Giovanni volle vedere il libro in cui leggeva. Era una bibbia sporca e sdrucita, che si apriva da sé alla pagina dove parla d'un ricco, il quale avendo cento pecore aveva rubata la pecora unica d'un povero.
      Sul muro trovò pure delle sentenze contro i ricchi, alcune prese da libri devoti o da canzoni popolari; altre, meno felici, di sua invenzione. Sopra un'imposta c'era scritto: «Nel cuore dei ricchi c'è un serpente».
      Alla testa del pagliericcio si leggeva: «Il diavolo mette i suoi demoni nella pelle bianca dei ricchi per tentare i poveri». «Se ti chiami nobile ed hai del denaro, godi a questo mondo la tua vita da ladro, perché in quell'altro sarai carbone da riscaldare i poveri».
      Poi c'erano i nomi famosi che la rivoluzione francese ha resi popolari anche fra noi: Marat, Robespierre, Danton; e sopra c'era scritto a grandi caratteri: «Evviva!


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Il tramonto d'un ideale
di Marchesa Colombi
pagine 171

   





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