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      Il mattino fece sgombrare lo studio dei vecchi mobili di suo padre. Incaricò lo scrivano di farli mettere sul solaio, e di riporre i libri nella libreria. Aspettava qualche cosa; era agitato; avrebbe voluto che la sua casa fosse bella. Non osava pensare che la contessa poteva venire; ma aspettava qualche cosa da lei; era certo di vederla; quel giorno sarebbe andato e le avrebbe detto che la amava. Ma sperava che lo scrivesse prima lei.
      Andò a sedere alla scrivania; ma era impaziente. Ad ogni scampanellata guardava l'uscio ansiosamente; se tardavano ad entrare, gridava allo scrivano che era andato ad aprire: «Chi è?»
      Una volta lo scrivano gli rispose: «È il cameriere della locanda. Viene per quella donna di ieri...»
      «Ah! Va bene, pagalo» rispose Giovanni distratto.
      Ma poco dopo lo scrivano rientrò: «Dice che vuol parlare con lei».
      Giovanni accennò col capo di sì, e guardò il cameriere per invitarlo a parlare. Questi crollò il capo, poi disse: «Era disperata, povera donna!»
      «Disperata! Perché?»
      «Non so. Non ha voluto parlare. Andò a rannicchiarsi in un angolo della bottega e rimase tutta la sera cogli occhi da spiritata. Urlava come un cane rabbioso, e si cacciava le unghie nella fronte».
      «Ma cosa aveva?» domandò Giovanni.
      «Sie... Aveva un bell'interrogarla in tutti modi, anche la padrona. Non rispondeva nulla, la respingeva ed urlava più forte. C'è voluto tutto a farla andare in camera quando si dovette chiudere l'albergo. E tutta notte l'abbiamo udita gemere. Poi questa mattina la padrona la trovò ancora rannicchiata in terra; non s'era messa a letto.


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Il tramonto d'un ideale
di Marchesa Colombi
pagine 171

   





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