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      Pietro era vestito co' soliti abiti: stava tutto raggrinchiato, come se volesse farsi entrare le gambe e le braccia nel torso per riscaldarle. Si lasciò cadere dal carro tutto d'un pezzo, e rimase là tremando e scotendosi, colla facciona gialla così grossa che pareva ingrassato.
      Il padrone gli buttò contro il secchio, e lo spinse verso l'uscio dell'osteria gridandogli:
      - Muoviti, fannullone!
      Rabbrividì lungamente dondolando il capo, poi s'avviò strisciando i piedi nel fango o col dorso curvato, mentre il padrone gli veniva dietro borbottando:
      - E dire che ha sedici anni! Ho avuto fortuna con costui!
      Quella mattina Pietro immergeva più lungamente il braccio nella rigovernatura fumante. Quel calore gli faceva bene. Ma era lento, lento: penava a muoversi, e le vene della fronte erano turgide come se stessero per iscoppiare. Nel terzo secchio trovò un pezzo di costoletta, e s'affrettò a cavar fuori la pezzuola umida ed a rinvoltarcelo dentro: ma non fece in tempo a portarlo sotto il sedile: udì la voce del padrone che veniva fuori coll'ortolano e ricacciò la pezzuola e tutto nello sparato della camicia. I due uomini s'accostarono al ciuco, ed esaminarono il tumore. I monelli, a forza di tirargli la coda, l'avevano ridotto in quello stato.
      - Non mi riesce di farlo suppurare per quanti impiastri ci metta, disse l'ortolano impensierito dalla paura di perdere la bestia.
      - Bisogna tagliarlo, suggerì l'allevatore di maiali.
      - Sie? Chiamare il veterinario, che mi prenderà due lire!
      - È sempre meglio che condurlo alla scuola dei veterinari, dove, invece di curarle, le bestie malate le fanno morire con un'acquetta, per guardarci dentro e studiare le malattie.


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Senz'amore
di Marchesa Colombi
Editore Alfredo Brignola
1883 pagine 181

   





Pietro