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      Tutti e due erano cresciuti. Vincenzo era forte, quasi grasso, colorito in volto, ed una folta barba nera, sebbene accuratamente rasa, gli coloriva di una tinta azzurrina le guance ed il mento. Vicenzino invece, più alto del cugino di quasi un palmo, era pallido e magro. I suoi dolci occhi turchini erano abbattuti dalle veglie e dal pianto, ed i capelli biondi, arruffati sulla fronte gli facevano una bella aureola, da arcangelo.
      La loro lunga corrispondenza li aveva fatti conoscere così intimamente l'uno all'altro, che ogni soggezione era scomparsa fra loro, ed al primo vedersi si stesero le braccia, come se, prima di quella separazione, avessero già vissuto molto tempo insieme. Vicenzino pianse lungamente in silenzio, e Vincenzo non cercò di consolarlo. Se lo teneva abbracciato come per fargli sentire che, dopo quel grande amore che aveva perduto, gli restava ancora la sua amicizia; ma non glielo diceva. Vicenzino però sentiva il cambiamento avvenuto nel cugino in quei quattro anni. Lo sentiva egualmente impetuoso, ma espansivo, riflessivo, serio, e questo gli faceva bene. Era l'amico che egli aveva sognato.
      Sfogato l'impeto del dolore, Vincenzo disse:
      - Vieni con me. E, con quel fare sicuro ed imperioso che gli aveva guadagnata altre volte una facile superiorità sui compagni, gli buttò addosso mantello e cappello, e lo condusse alla stazione di Vercelli, dove presero il treno che doveva condurli a Santhià.
      Arrivati in paese si diressero subito verso la casa Dogliani. Erano passate le quattro del pomeriggio, e nevicava; era quasi buio.


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Senz'amore
di Marchesa Colombi
Editore Alfredo Brignola
1883 pagine 181

   





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